venerdì 30 giugno 2023

Parole a mio figlio


I.

Quando ti stringo teneramente
non riesco a dimenticare
la dicotomia:
Sono pieno di amore
Sono pieno di nascondigli.
Da essi emergono
belve feroci
e le mie braccia
altro non sono che la gabbia
dentro cui le costringo
perché non ti tocchino.

II.
Guardarti sorridere
mi costringe
a  fissare
riflesso
il mio volto:
ne scorgo tutti i particolari:
le rughe, 
i nei,
la barba,
la pigmentazione dell'iride.
Scorgo anche ciò che vorrei
dimenticare:
i solchi 
generati
da un certo oblio del sorriso.

III.

Mi ripeto
di non concentrami
su ogni singolo passo. 
Non sono 
ciò che desidero
(qualunque cosa significhi la frase
quando voglio fare il bene, il male è accanto a me),
ma,
per grazia,
sarò ciò che sono chiamato a essere:
forse,
anche un padre;
ma solo alla fine del cammino.

Jonathan Simone Benatti - 30/06/2023











giovedì 29 giugno 2023

Ricordare è ritornare



I. 
La statua futurista di Viotti,
gloria del paese,
nella piazza.
(Io me li immagino
i compaesani:
l'è brut coma la neuit!
Il sindaco con fascia tricolore
si dilegua:
altri impegni concittadini, arvedse!
La sincerità di chi si affatica
sotto il sole,
tra le risaie).

Il cancelletto
e poi l'orto
prima dell'ingresso:
c'era sempre odore di caffè
quando arrivavo.
I genitori mi vestivano elegante per l'occasione.
Baciavo 
con l'amore sincero di un bambino
la guancia delicata come un petalo:
Margherita - Garitin. 
E poi 
reclamavo la mia vanga:
Nonna bis! Devo travajè 
Sorrisi e meraviglia 
al piemontese stentato di un infante.

Il mondo era minuscolo:
oggi so
che esso contiene tutta la geografia 
della mia esistenza.

II.

Nell'epoca dell'allergia
al silenzio
si legge tanto,
con voracità bulimica
senza trattenere o assimilare.

Trafittura.

Un ricordo
che s'incarna
in un odore
e
il mondo si fa piccolo
rallenta,
si pone in ascolto:
il volto materno,
la mano di un padre,
un luogo che ancora esiste.

Quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra.

Affinché nulla sia perduto
la memoria:
è bello per noi essere qui
sul monte della persistenza.

Diventare adulti
non è forse trasfigurare
in ciò che siamo?

Non pretendo di essere altrove:
desidero sentire ancora la terra sotto le unghie,
parlare il mio dialetto traballante,
immaginare che tutto sia ancora intatto:
baciare la guancia delicata,
trovare uno sguardo 
reciproco
negli occhi di chi mi ama,
sentire nella successione dei gesti
la voce sottile
tra le voci rumorose
che affermi 

come -
dalle radici al frutto,
tra potatura e fioritura,
divisi tra bellezza e orrore -

ci sia concesso
il canto più bello:
note che si perdono
tra fronde
e nuvole fuggenti.
La celebrazione discreta
dell'incomprensibile grazia
di essere. 

Jonathan Simone Benatti - 29/06/2023






mercoledì 28 giugno 2023

Elegia senza numero

I. 
La morte 
arriva.

Ci sono i presentimenti notturni
quando la canicola umida
appiccica i pensieri alla pelle.

Il cuscino girato vorticosamente
alla ricerca di una zona di frescura.
Il sonno che fugge
nonostante gli occhi appesantiti;
la mente:
cosciente 
assopita
vorticosa
spiraleggiante
ributtante immagini
anticipazioni
(il sistema nervoso vigile
il cuore batte aritmico
lo stomaco si stringe -
perché mi commuovo a un presagio?)

La morte arriva
e non è mai 
come la si pensava.

Ho passato ore
squartato
tra doveri
e speranza.

Il mio dolore 
è un pezzo da museo:
incapsulato 
sotto una teca.
Lo osservo.
Altri lo vedono,
come spettatori.
Il museo dei miei quattro spettri.

Parlo con distacco,
mi costringo a farlo:
una parvenza di maturità?

La morte arriva
e non si è preparati.
Si predispongono liste di cose da fare
per non essere tormentati
anche dagli insoluti,
ma il tormento permane:
svuota tu
un armadio
e poi dimmi:
non ti sembra di strappare
a piccole strisce 
parti di corpo?

Quando c'è assenza
ogni altra relazione
viene ridefinita. 
Veramente morte è diminuzione:
guardo mia madre, mio padre
e sono diversi, 
come ogni persona che di questa relazione
è stata parte.

II.

La vita 
prosegue.

Ma, sotto l'ombra della morte?

Mi è di peso
salire le scale
per andare nella stanza
dove trovavo il tempo desiderato
in ogni stagione.

Questa stanza è diventata
una camera anecoica
dove sento il mio sangue scorrere
e il battito del mio cuore
insopportabile.
La vita autentica,
mi dico,
è inconsapevole
dei processi:
non è forse un disturbo
se divento consapevole del mio respiro?

C'è un linguaggio
giornaliero,
in continua evoluzione
che dice,
incerto, 
per tentativi,
buffo talvolta,
ciò che ho bisogno di ascoltare
in questo mondo di gettati.

Mio figlio
cita il nome
lo fa come se nulla fosse veramente accaduto,
come se lei ci fosse ancora
e racconta partecipe
di amici all'asilo,
di treni con nomi propri e vivi;
formula richieste,
sentenzia,
dice cose grandi come 
il sorgere del Sole
e la Luna gravitante.

La fede:
dire incerto
nel mondo di Dio
consapevoli
che solo la vita
è normale
e il corpo estraneo del morire
ha un tempo e una scadenza.

Lui
ha il coraggio di dire
ciò che io adulto
pronuncio con parsimonia sacrale:
vita,
ancora vita,
solo vita.
Il Regno di Dio è per chi assomiglia a un bambino.

Credere è
ritornare bambini:
percepire l'amore con immediatezza,
senza calcoli,
con slancio,
giocare con tutte le energie
nel teatro del mondo
senza dosi o razionamenti

fiduciosi 
perché preceduti
dalla Presenza

capaci di vedere
la Città perenne
e la bellezza incisa
tra i prodromi dolorosi
del reale.

Jonathan Simone Benatti - 28/06/2023





Tutte le mie vie - Prolegomena ad ogni passo futuro

Ti sono note tutte le mie vie (Salmo 139:3) I. Imparare ad essere leggeri pur con le zavorre. II. Tanti sono gli abissi che la mia nave solc...