La morte
arriva.
Ci sono i presentimenti notturni
quando la canicola umida
appiccica i pensieri alla pelle.
Il cuscino girato vorticosamente
alla ricerca di una zona di frescura.
Il sonno che fugge
nonostante gli occhi appesantiti;
la mente:
cosciente
assopita
vorticosa
spiraleggiante
ributtante immagini
anticipazioni
(il sistema nervoso vigile
il cuore batte aritmico
lo stomaco si stringe -
perché mi commuovo a un presagio?)
La morte arriva
e non è mai
come la si pensava.
Ho passato ore
squartato
tra doveri
e speranza.
Il mio dolore
è un pezzo da museo:
incapsulato
sotto una teca.
Lo osservo.
Altri lo vedono,
come spettatori.
Il museo dei miei quattro spettri.
Parlo con distacco,
mi costringo a farlo:
una parvenza di maturità?
La morte arriva
e non si è preparati.
Si predispongono liste di cose da fare
per non essere tormentati
anche dagli insoluti,
ma il tormento permane:
svuota tu
un armadio
e poi dimmi:
non ti sembra di strappare
a piccole strisce
parti di corpo?
Quando c'è assenza
ogni altra relazione
viene ridefinita.
Veramente morte è diminuzione:
guardo mia madre, mio padre
e sono diversi,
come ogni persona che di questa relazione
è stata parte.
II.
La vita
prosegue.
Ma, sotto l'ombra della morte?
Mi è di peso
salire le scale
per andare nella stanza
dove trovavo il tempo desiderato
in ogni stagione.
Questa stanza è diventata
una camera anecoica
dove sento il mio sangue scorrere
e il battito del mio cuore
insopportabile.
La vita autentica,
mi dico,
è inconsapevole
dei processi:
non è forse un disturbo
se divento consapevole del mio respiro?
C'è un linguaggio
giornaliero,
in continua evoluzione
che dice,
incerto,
per tentativi,
buffo talvolta,
ciò che ho bisogno di ascoltare
in questo mondo di gettati.
Mio figlio
cita il nome
lo fa come se nulla fosse veramente accaduto,
come se lei ci fosse ancora
e racconta partecipe
di amici all'asilo,
di treni con nomi propri e vivi;
formula richieste,
sentenzia,
dice cose grandi come
il sorgere del Sole
e la Luna gravitante.
La fede:
dire incerto
nel mondo di Dio
consapevoli
che solo la vita
è normale
e il corpo estraneo del morire
ha un tempo e una scadenza.
Lui
ha il coraggio di dire
ciò che io adulto
pronuncio con parsimonia sacrale:
vita,
ancora vita,
solo vita.
Il Regno di Dio è per chi assomiglia a un bambino.
Credere è
ritornare bambini:
percepire l'amore con immediatezza,
senza calcoli,
con slancio,
giocare con tutte le energie
nel teatro del mondo
senza dosi o razionamenti
fiduciosi
perché preceduti
dalla Presenza
capaci di vedere
la Città perenne
e la bellezza incisa
tra i prodromi dolorosi
del reale.
Jonathan Simone Benatti - 28/06/2023
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