I.
La statua futurista di Viotti,
gloria del paese,
nella piazza.
(Io me li immagino
i compaesani:
l'è brut coma la neuit!
Il sindaco con fascia tricolore
si dilegua:
altri impegni concittadini, arvedse!
La sincerità di chi si affatica
sotto il sole,
tra le risaie).
Il cancelletto
e poi l'orto
prima dell'ingresso:
c'era sempre odore di caffè
quando arrivavo.
I genitori mi vestivano elegante per l'occasione.
Baciavo
con l'amore sincero di un bambino
la guancia delicata come un petalo:
Margherita - Garitin.
E poi
reclamavo la mia vanga:
Nonna bis! Devo travajè
Sorrisi e meraviglia
al piemontese stentato di un infante.
Il mondo era minuscolo:
oggi so
che esso contiene tutta la geografia
della mia esistenza.
II.
Nell'epoca dell'allergia
al silenzio
si legge tanto,
con voracità bulimica
senza trattenere o assimilare.
Trafittura.
Un ricordo
che s'incarna
in un odore
e
il mondo si fa piccolo
rallenta,
si pone in ascolto:
il volto materno,
la mano di un padre,
un luogo che ancora esiste.
Quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Affinché nulla sia perduto
la memoria:
è bello per noi essere qui
sul monte della persistenza.
Diventare adulti
non è forse trasfigurare
in ciò che siamo?
Non pretendo di essere altrove:
desidero sentire ancora la terra sotto le unghie,
parlare il mio dialetto traballante,
immaginare che tutto sia ancora intatto:
baciare la guancia delicata,
trovare uno sguardo
reciproco
negli occhi di chi mi ama,
sentire nella successione dei gesti
la voce sottile
tra le voci rumorose
che affermi
come -
dalle radici al frutto,
tra potatura e fioritura,
divisi tra bellezza e orrore -
ci sia concesso
il canto più bello:
note che si perdono
tra fronde
e nuvole fuggenti.
La celebrazione discreta
dell'incomprensibile grazia
di essere.
Jonathan Simone Benatti - 29/06/2023
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