mercoledì 19 marzo 2025

A kingdom of my own (su una frase di John Constable nel giorno chiamato Festa del Papà)

Il mio regno
a tutti è accessibile
perché a tutti appartiene.

Esso è:

il sole che sorge e tramonta,
la luna mutevole che insieme guardiamo,
il ponte sul fiume attraversato dai treni,
la gru che si staglia asettica sul palazzo,
il mare più scuro del cielo,
il cielo più chiaro del mare,
le nuvole con le quali giochiamo
dando nomi alle forme e 
immaginando di toccarle con le dita
per poi schiacciarle e sentirne la soffice consistenza,
l'erba e le margherite del campo
con le quali Dio si diverte come un bambino
a ripeterle ognuna diversa e ognuna uguale
sorpreso che una cosa così semplice
possa essere così affascinante,
il nitore del giorno,
la nebbia che ci nasconde mentre camminiamo
e inumidisce il naso e le guance,
il rumore della sabbia calpestata,
la sabbia che trasciniamo in casa
e che scrolliamo di dosso una volta che abbiamo terminato
di arrampicarci sulle dune invernali,
una lista come questa 
elenco che non converge ad alcun numero finito
perché inesauste sono le possibilità
che questo regno offre.

Il mio regno
è però accessibile solo a noi
(pur appartenendo a tutti).

Il tuo essere al mio fianco
rende questo regno
il dono 
che non mi potrà mai essere tolto:
da quando il tuo primo respiro
ha rotto le maglie del tempo
la mia vita è estesa al di là della mia vita
e nulla può dirsi davvero mio che non sia già tuo.

Il mio regno
non è un'idea e non è nemmeno un luogo dove mi rifugio:
non ci sono roccaforti o bastioni infatti,
poiché la dolcezza della tua parola
è la tromba di Gerico
che determina il crollo d'ogni parete
e rende il mondo ampio:
permette al vento di soffiare dove vuole
e al mio cuore stretto dalle angosce degli adulti
di conoscere espansione
e diventare un bambino spensierato nuovamente
(The Child is the Father of the Man).

Il mio regno sei tu.
Questa frase semplice
è la mia apologia,
il mio motivo di speranza,
la mia fede in un mondo nuovo
a discapito del mondo presente,
la parola profetica di Dio
(ogni bambino è profezia divina e critica al mondo)
l'ulteriore elenco che sento di dover scrivere
per dirti che persino 
l'aggettivo possessivo io
è un modo di dire
il pronome soggetto tu.

Tu sei mio,
ma ancor più
io sono tuo
in una reciprocità
che s'affina nel lento e paziente
crogiuolo d'amore.

E se t'amo,
come in effetti t'amo
(anche se usiamo un compassato ti voglio bene)
è perché Altro
ci ha chiamato a qualcosa di più grande:
di me, di te,
delle persone,
della vita, della morte,
delle stelle, dell'oro,
del diamante che si forma segretamente nella terra,
della rosa e del suo profumo,
della primavera, 
della musica che ascoltiamo (e delle melodie inascoltate
ancora più dolci), etc.

Et cetera

Perché il nostro regno,
il mio, il tuo,
il tuo, il mio
trova in queste ripetizioni
ostinate come una fuga barocca
fantasiose come una fuga barocca,
inesauribili come l'Arte stessa della fuga
l'ulteriore fulcro
(quanti fulcri!)
attraverso cui solleviamo il nostro mondo
in attesa 
che giorno annunci a giorno
la nostra piccola storia quotidiana.

Jonathan S. Benatti - 19/03/2025




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