martedì 7 febbraio 2023

All'alba, prima di lavorare

Cambiare è necessario
per adattarsi
al reale;
d'altro canto
ho bisogno
che permanga
il nucleo dell'essere.

Per questo,
prima di iniziare
la consuetudine dei gesti lavorativi
(il peso di un uomo
è trovare significato
nella fatica)
mi fermo
e sporco le scarpe di sabbia.

Le dune sono alte,
per impedire al mare
di erompere;
come mio figlio,
affascinato da questi cumuli
scalo le sabbie
per vedere
oltre.

E' freddo:
(l'aria, il suolo,
le pareti delle cabine).

E' tutto accogliente. 

Le nuvole in cielo 
si schiacciano sull'orizzonte
e formano una strada
tra acque inferiori e acque superiori
(giorno due della creazione).
Sorge il grande luminare:
per ogni secondo che avverto passare
i colori mutano
e così le forme.


Ho domande,
ho domande.
Un terremoto
e tutta questa bellezza:
perché?

La creazione geme ed è in travaglio.

Lo sono anche io,
nell'attesa del giorno
in cui avrò memoria
dell'orrore,
ma non più esperienza.
Anche io gemo,
mentre prego
parole d'una lingua 
inesprimibile.

Sento il peso di questa gloria
contraddittoria
che si cela
e si rivela.
Sento il peso del linguaggio:
delle persone che tutto riducono a incessante pellegrinaggio
senza ardere del desiderio di una casa;
e delle persone che tutto incatenano alla parete
delle loro spiegazioni.

In questo istante però,
dimentico d'essere soggetto alla gravità
e, come se Isaia fosse stato esaudito,
scorgo lo squarcio
da cui si manifesta
la Presenza.

Tutto è Rivelazione
in qualche modo.

E se, smarrito negli eventi,
domando,
so che la Parola
si fa carne fragile
anche oggi
sub contraria specie.

Jonathan Simone Benatti - 07/02/2023 





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