L'idea delle cose
non è realtà o sostanza:
l'uomo che vive d'ideali
consegnerà al suo diletto figlio
un mondo inesistente.
Per questo ho imparato ad arare la terra:
bisogna conoscere
la durezza del suolo,
il calore soffocante del sole,
il sudore, il dolore delle ossa,
bisogna piantare i bulbi,
seminare con speranza contro speranza,
attendere la pioggia,
esporre il viso al vento,
scuotere i pantaloni per liberarsi
di sterpaglie e foglie secche,
irrigare,
lavarsi le mani per sporcarle di nuovo,
alzare gli occhi al cielo,
guardare in distanza, all'orizzonte,
cercando le nuvole,
pronunciare parole oscure -
comprensibili solo a chi le proclama -
perché vengano quelle luminose
che conferiscono grazia
a chi le dice,
a chi le ascolta;
tentare,
tentare ancora
e con coraggio sbagliare;
bisogna aprirsi strade dove nessuno ancora è passato
o percorre una strada nota con il proprio passo;
bisogna toccare il mondo
e contare gli astri,
essere cartografi
e tracciare mappe;
bisogna vivere
nonostante la persistenza di presagi,
incuranti d'essere frazioni di secondo
nel tempo,
perché su questo istante che siamo
Dio ha posto tutta la massa dell' Essere.
Cosa ti consegno
non è una formula esatta,
ma l'approssimazione entusiasmante
di un richiamo
che pochi sentono.
Voglio affinare il tuo udito
perché tu colga il sottile suono
della Voce
che oggi non chiama nel deserto,
ma fra strade asfaltate,
affinché tu compia
il primo passo
verso
la gioiosa fatica
di affermare.
26/07/2022 - Jonathan Simone Benatti