mercoledì 8 maggio 2024

(Aspettando di) Viaggiare insieme.



Ci provo a dare una forma ai ricordi,
con la parola. 
Accade che la parola serva a disegnare bozzetti 
che forse hanno senso solo per me che li disegno, 
che forse sono un deposito dove ammasso provviste di ricordi
come in un taccuino
che forse sono solo la semplice espressione
di gratitudine di una vita minuscola come la mia.

Partiamo?
Ti chiedo voltandomi e sorridendo,
cercando corrispondenza
nel tuo sorriso.


Siamo già partiti molto tempo prima,
senza rendercene conto.
O forse sì?
(nelle notti che hanno preceduto 
il nostro primo incontro
ho tante volte prefigurato come sarebbe stato -
sebbene mia sia impegnato
allora ho salutato da lontano
la terra su cui ora cammino).

Quando ho visto il tuo volto
la prima volta
(eri nel ventre di tua madre)
ho immaginato le nostre vite.
Ogni volta che salgo su un mezzo,
per tornare da te
immagino ancora:
come mi accoglierai,
cosa mi dirai,
quale novità avrai scoperto,
come il tuo vocabolario si sia ampliato.
Tutte cose che un padre attende
camminando sulla linea del tempo
cercando di essere precursore.

Nulla, 
neppure il mio più nobile sforzo dello spirito
è profezia affidabile.
L'attesa brulica di immagine vivide,
ma sono tracce
di ciò che è.

Ora che, entusiasta,
esclami "Sì, partiamo",
guardo la strada
e so che i tuoi occhi,
capaci di guardare il mondo
come fosse incontaminato,
sono la mia garanzia
d'essere presente.

Scorgo insieme a te
la mappa del percorso,
ti spiego cosa faremo,
dove mangeremo
e ti racconto che all'arrivo
daremo un bacio tenero
a tua madre.

Tu ripeti contento
e annuisci.

Accendo la macchina
e canto una filastrocca
inventata per te.
Racconta di cose fantasiose
che ti fanno sorridere,
racconta l'esultanza
di un uomo con suo figlio,
una sera di primavera
in viaggio.

Provo a dare una forma a ciò che vivo,
con la parola. Provo persino ad abitare il tempo
in modo ubiquo (passato, presente e futuro tutti insieme).
Attendo e, nel mentre, ipotizzo;
Vivo e cerco di far permanere ogni istante;
Penso e pongo una caparra immaginaria
sul futuro.
Una specie di afasia mi prende:
la gioia è una creatura di Dio
per la quale un figlio di Adamo
fatica a trovare un solo nome.

Jonathan Simone Benatti - 08/05/2024















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