Ai nostri Nonni, amici.
I ricordi cominciano nella sera
(C. Pavese, Paesaggio VIII)
I.
Così ora dormite
e questo paesaggio che so,
è diventato
come la terra e l'acqua d'Agosto
sferzate dal sole;
il silenzio e l'afa sono interrotti dalle cicale
e l'orecchio è attento;
proteso verso gli schiamazzi, l'uva e il riso.
II.
Ci riunivamo intorno a voi, diventando bambini;
la sera, all'aperto:
noi a terra, voi seduti su sedie impagliate;
tutti sotto un cielo
di nuovo leggero e punteggiato perché lontani dalla Città.
Un cane abbaia da qualche giardino recintato.
Le finestre del vecchio casolare sono aperte.
L'unica flebile luce in cortile a illuminare i vostri volti.
Attendevamo pazienti il calare delle notte,
dopo aver pulito le stoviglie e fatto qualche faccenda:
poi, già sorridenti, pregustavamo le vostre parole,
pronunciate solenni nel vernacolo dell'amicizia.
Sempre gli stessi racconti (a volte li sollecitavamo noi)
a cui si aggiungevano nuovi dettagli.
Giunta la stanchezza si andava a dormire
come sazi d'esistere, come pieni
d'una vita succulenta.
III.
In quei luoghi si torna perché s'avvizzisce
senza linfa e radici profonde,
perché le piante viaggiano con i semi, con gli uccelli e le api,
ma rimangono ferme nel suolo dove sono generate e generano.
I campi e i colli gioiscono
della mietitura e della vendemmia.
Noi mangiamo un semplice pasto
mentre decanta ancora un po'
il vino dello scorso anno.
Faccio silenzio,
sorseggio il Ruchè maturo,
rispondo con un sorriso assente a qualche frase
mentre penso che oggi
voglio provare a sedere su una di quelle sedie vuote
e dire a mio figlio una storia che conosciamo...
perché dalle radici continui a scorrere la loro vita.
Jonathan Simone Benatti - 20/07/2023
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