Ci sono parole
di cui ho paura.
Tremo persino all'idea
di pronunciarle.
L'elenco:
separazione,
abbandono,
incomunicabilità,
isolamento,
addio.
Temo che il solo atto
di emettere il suono
con le labbra
possa
farle accadere.
Non è superstizione.
E' il terrore che la loro etimologia
diventi definizione
in me.
Sollevano domande
a cui non ho risposta:
Per esempio come sarebbe il mondo senza le tue smorfie?
Come affrontare il futuro
senza la consuetudine
di certi riti familiari
che prevedono ogni giorno,
fedelmente,
le stesse frasi,
lo stesso gesto,
lo stesso momento
per una risata?
(Oltretutto non mi piacciono quelle parole.
Sono una sottrazione,
un'appropriazione indebita
di un diritto costitutivo
che l'Essere ci dona:
stare insieme.)
Come un anziano tendo a ripetermi:
forse perché la saggezza
si conquista
solo
con lo scorrere del tempo
quando si capisce che
per correre
bisogna essere leggeri,
portarsi appresso l'essenziale.
Sgravato da zavorre
sono proteso
alla conservazione
di un elenco alternativo.
Presenza.
Custodia.
Comprensione.
Partecipazione.
Benvenuti.
Jonathan Simone Benatti - 12/12/2022
Nessun commento:
Posta un commento