mercoledì 15 giugno 2022

Ripresa di un antico motivo interiore - parte II

(Certe cose non cambiano -
puoi crescere e invecchiare,
perdere i capelli e contornare gli occhi di rughe;
c'è un residuo interiore
che pare vivere fuori dal tempo
e cogliere tutto come presente)

Di quella sera
ricordo alcuni particolari.

La telefonata,
la corsa in macchina,
la strada buia della collina,
il freddo della sera primaverile,
il piazzale vuoto
l'annuncio fatto sull'uscio
senza farmi entrare nella tua stanza.

(Sono passati dodici anni)
Alcuni aspetti ancora mi spaventano;
per esempio:

morire soli 
senza un viso amato a guardarti

oppure morire per l'errore altrui

oppure, semplicemente,
che tu sia morto.

Potresti pensare
sia un tempo adeguato
per tornare a vivere
(non ho mai smesso di vivere,
anche quando, 
di ritorno,
non ho dormito quella sera -
nella mia galassia
il tuo collasso di stella
aveva generato un buco nero):

vivere si vive,
ma diminuiti.

Parlando con un amico
(recentemente aveva perso l'amata moglie)
ricordo di aver detto qualcosa
oltre la circostanza.

Doveva essere una cosa di questo tenore:
"Vedi? il dolore non scompare mai,
arriva però un momento in cui affiora
la riconoscenza per ciò che è stato,
per ciò che si è vissuto".


(Mentre parlo,
penso alla storia di Giobbe,
ormai diventata un cliché,
una vulgata qualunque
 - pover uomo! -.
Sono davvero convinto di ciò che dico?
Il dato cancella il ricordo
del perduto?)


Arrivano nuove stagioni,
la primavera ritorna:
con essa quella sera 
(quella data).

Recentemente ho percorso 
la strada di collina.
Ho trovato un fiore che molto mi piace
ho accarezzato mio figlio,
gli ho raccontato chi eri.

La riconoscenza è affiorata
e così un barlume di fede:
al di là di ogni meccanicismo
rimane inspiegato l' amore
che tutto dona e poi sottrae,
ma che afferma:
tutto è ben presente,
nel dolore e nella gioia.

Questo mi basta.

15/06/2022 - Jonathan Simone Benatti








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