schiacciata sul sedile,
lo sguardo rivolto alla pista
(dove aerei enormi
passavano continuamente
come formiche incolonnate),
sentivo il desiderio di casa
e uno stravagante senso di solitudine.
Improvvisamente,
non annunciata,
una lieve pioggia
poi scrosciante.
Mentre camminavo per il corridoio
dell'imbarco
(alcune gocce scivolavano lentamente
sui vetri -
in lontananza
squarci di luce che tentavano
di sottrarsi
al grigio denso dei cumulonembi)
ho provato pace,
come se il ticchettare ostinato
fosse rifugio dall'inquietudine.
Ci sono notti
sul mare
dove il vento si alza improvvisamente
e al suo fischiare
segue un piovasco
(l'odore d'aria madida e salina lo annuncia):
mi sveglio e guardo i corpi inermi che dormono,
incuranti di quanto accada tra le nubi.
Piove.
Guardo nel buio i contorni indefiniti dei volti amati,
sento l'odore del sonnecchiare,
corro al passato
(quando fanciullo,
per istinto,
mi stringevo ai genitori)
e provo nuovamente pace.
La pioggia irriga
la mia aridità.
14/06/2022 - Jonathan Simone Benatti
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