"Can
you show how you missed me?"
The baby placed both hands on her stomach, saying "Miss you here".
(Ha Jin, Waiting)
Con la nostalgia e il vuoto
non è che si possa far molto.
Per esempio oggi
è bastato leggere nel calendario
esposto nella pasticceria
una frase di quelle che odio,
(mielosa, prevedibile,
scritta per dare a chi legge
la dose quotidiana di sentimentalismo spiccio)
e, mentre sorseggiavo il caffè,
ho pianto.
Non ho pianto in modo volgare.
Mi si sono inumiditi gli occhi:
come al solito.
Stupido.
Farsi trovare impreparati
di fronte alla banalità,
quando certe cose, come il dolore,
dovrebbero passare
attraverso alambicchi e cisterne
per estrarre gocce di distillato.
Raffinate.
Eppure con la nostalgia e il vuoto
non è che si possa far molto.
Tendono imboscate tra le pieghe del tempo.
Queste parole sono un tentativo
di catarsi o sublimazione
o forse il processo alchimistico
di raffinare la materia grezza
di quella frase banale
per trarne qualche lamina d'oro.
Oggi nostalgia e vuoto
si sono manifestate così.
Ci sono stati momenti, e certo ci saranno,
in cui
memoria e ricordo,
un certo profumo nell'atrio di casa,
il colore di uno scialle
o l'attacco frontale, impietoso,
di una fotografia
hanno adempiuto il loro dovere.
Chissà in quali altri modi sorprendenti
il mondo mi narrerà
come un segreto detto all'orecchio
la storia prodigiosa
che solo la morte ha interrotto:
per qualche tempo.
Sì, solo per qualche tempo.
Con la nostalgia e il vuoto
non è che si possa far molto.
O forse sì: continuare a credere, amare e sperare.
Jonathan Simone Benatti - 02/10/2024