In ricordo del mio Maestro di Clarinetto, Paolo Fantini:
in occasione della giornata a lui dedicata
presso il Conservatorio Martini di Bologna
Scena I - Il Clarinetto è una strana creatura
Un'armonica
è sempre malinconica.
Nulla puoi fare:
alcuni strumenti nascono
intessuti
nella dicotomia del mondo,
tra bellezza e terrore.
Lo strumento ti sceglie.
Ci vogliono tanto esercizio
e tante note eseguite,
ripetute ossessivamente,
per comprenderlo.
Il giorno in cui il suono
arriverà a coincidere con la tua idea
abbraccerai il riposo
dalla ricerca incessante di combinazioni
(campana, barilotto, ancia -
ancia, becco, legatura):
libertà, non espressiva,
ma dai legami delle consuetudine
e delle emulazioni.
Finalmente la tua voce
sul tuo strumento;
Finalmente l'aria emessa che diventa parola,
quella segretamente custodita
appena sopra al diaframma,
tra il cuore e lo stomaco
quella non scritta sul foglio,
perché racchiude la tua vita.
Val meglio la fine di una cosa del suo inizio,
se la fine è valicare i confini
e non arrendersi alle evidenze contrarie.
Scena II - Della vita di un musicista
Al suonare come lavoro
non ci hai mai creduto:
la disciplina forma esseri umani,
non professionisti.
Le ore faticose
passate a piegare la materia
per darle forma
erano altra cosa:
chi suona rimane dilettante
e studente.
Mentre insegnavi
imparavi,
Mentre le dita esperte trasmettevano la propria sapienza
esse imparavano di nuovo,
Mentre discutevi
ascoltavi,
mentre accompagnavi
ti facevi accompagnare.
In fondo suonare,
lo sapevi bene,
è rischioso:
le orecchie
non emettono alcunché,
ricevono soltanto.
Il vuoto non accoglie suono:
per questo hai vissuto intensamente nello spazio
degli elementi,
dove persino la cacofonia
significa qualcosa.
Scena III - Della musica come metafora di Altro
Il ricordo.
Quanto volte ci coglie impreparati
e incapaci di dare risposte.
I più sofisticati parlano d'essere trafitti.
Ma, il dolore è solo una parte del discorso
(certo, manchi):
è ciò che rimane di te
che ci pone di fronte alla domanda
a cui, prima o poi, dovremo dare la nostra risposta:
quando giungerà la fine, cosa rimarrà di noi?
Sarebbe facile dire la musica.
Se lo strumento sceglie il musicista
è il musicista che soffia lo spirito
nello strumento
e fa di esso
un'estensione dell'uomo o della donna.
Che ci si creda o meno,
Dio ti ha dato un dono
e il suo frutto
non è questa musica che rimane
ma l'aver affinato persone.
Scena IV - Ripresa e Cadenza Piccarda
Un'armonica
è sempre malinconica.
Nulla puoi fare:
alcuni strumenti nascono
intessuti
nella dicotomia del mondo,
tra bellezza e terrore.
Chiunque suona
ha la una voce di profeta:
cammina sui sentieri della storia
e spinge lo sguardo verso il futuro,
vive sul confine
(là, dove i tempi s'intersecano)
e gioca spensierato
sul campo complesso dell'esistenza.
Questi pezzi d'ebano ancora frementi,
un giorno albero e radice,
sono seme
di un nuovo Mondo
dove il gioco sarà ancora spensierato
ma, sul campo ricomposto
dell'incontro e della permanenza.
Jonathan S. Benatti - 19/01/2024.